Alcune recentissime decisioni di Tribunali e Corti di Appello, applicando principi già enunciati dalla Corte di Cassazione, hanno aperto la strada a nuove difese rispetto allo strapotere delle banche.
Vanno segnalate in particolare le sentenze che recependo una importante pronuncia del Consiglio Europeo di Giustizia , hanno riconosciuto che per l’applicabilità del foro del consumatore e più in generale del codice del consumatore è determinante non la natura del contratto, autonomo o accessorio, ma la qualificazione del garante come “consumatore”, secondo il criterio oggettivo stabilito dall’art. 2, lettera b), Direttiva 93/13 e dal decreto legislativo (art. 33.2 lettera u d.lgs. 206/2005).
In altri termini la persona fisica che abbia rilasciato una fideiussione nell’interesse di una società commerciale sarà qualificato quale consumatore nel caso in cui abbia agito per scopi estranei alla sua attività professionale, il che si verifica quando non sussistano collegamenti funzionali con la società garantita, che possono individuarsi nel ricoprire la carica di amministratore o di avere una importante partecipazione al suo capitale sociale.
Questo orientamento riguarda un numero considerevole di casi in cui persone fisiche abbiano rilasciato garanzie personali a favore di società commerciali o imprenditori individuali per garantire finanziamenti da parte di istituti bancari, pur non ricoprendo alcuna carica di amministrazione o partecipazioni societarie rilevanti: nel contesto economico del nostro territorio sono assai frequenti i casi di fideiussioni prestate da genitori, parenti,coniugi, affini a garantire iniziative imprenditoriali di figli, parenti ,coniugi pur non partecipando direttamente o indirettamente all’impresa.
Le ricadute del principio affermato dalle sentenze richiamate sono molto significative sul piano della difesa, sia per l’individuazione del foro competente che diventa il foro del consumatore e dunque di residenza del garante; sia per la possibilità di contestare la validità di numerose clausole del contratto fideiussorio che, valide nell’ambito del rapporto professionale con l’imprenditore, diventano clausole di natura vessatoria e quindi nulle rispetto al consumatore.
Il principio assume particolare rilevanza con riguardo all’art. 1957 c. c. ed alla clausola di deroga , che si rinviene in tutti i contratti di fideiussione bancaria, che consente alla banca di agire anche a distanza di anni nei confronti dell’ignaro fideiussore che magari non ricorda neppure di aver messo quella firma.
L’esclusione della decadenza della banca dalla garanzia prevista dall’art. 1957 c.c., quando il garante rivesta la qualità di consumatore, deve necessariamente essere perfezionata nel rispetto delle forme di tutela non più formali ma sostanziali richieste dal Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), con onere per il professionista di provare che le clausole unilateralmente predisposte siano state oggetto di trattativa individuale ex art. 34, co. 5, non essendo sufficiente la specifica approvazione per iscritto prevista dalla disciplina codicistica (art. 1341 c. 2 cc).
Poiché nella stragrande maggioranza dei casi non vengono osservate dalla banca queste regole imposte dal codice del consumatore, la clausola sarà nulla ed il garante potrà liberarsi dall’obbligo di pagare.
AVV. CORRADO DI GIROLAMO